
«Il motivo per cui è così difficile per le aziende esistenti trarre vantaggio dalle innovazioni è che i loro processi e il loro modello di business, che le rendono efficaci nell’attività esistente, le rendono in realtà poco competitive nell’affrontare il cambiamento.»
Clayton Christensen
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E se il tuo più grande successo fosse l’inizio della fine?
Sapevi che le aziende migliori nell’esecuzione della loro strategia sono spesso le peggiori nel cambiarla?
Non per mancanza di visione, ma per eccesso di competenza.
Il successo non si misura solo da quanto vinci, ma da quanto veloce riesci a cambiare le regole del gioco.
Il paradosso del successo
I processi, gli incentivi e i modelli di business che oggi ti rendono vincente sono gli stessi che domani ti renderanno vulnerabile.
Il successo crea una logica potente ma pericolosa: ciò che funziona tende a ripetersi, e ciò che si ripete diventa abitudine.
Ogni impresa finisce così per costruirsi una gabbia invisibile di abitudini: procedure che garantiscono qualità ma rallentano le decisioni, KPI che ottimizzano i costi ma riducono all’osso la sperimentazione, cultura che premia la perfezione e soffocano il rischio.
A un certo punto, l’organizzazione smette di rispondere al mercato e inizia a rispondere solo a se stessa.
È lì che il successo diventa un sistema chiuso: efficiente, coerente, e irrimediabilmente fragile.
Abbiamo una strategia? Dico davvero…
C’è un momento preciso, e quasi impercettibile, in cui un’azienda smette di fare strategia e inizia solo a difendere il suo surrogato.
Quando le cose vanno bene, dice:
“Abbiamo già una strategia, non abbiamo bisogno di lavorarci.”
Eppure non riesce a spiegare perché quella strategia funzioni davvero.
Quando le cose vanno male, dice:
“Non abbiamo tempo per la strategia, dobbiamo sopravvivere.”
E così tutto diventa urgente, ma niente è più importante.
Entrambe le posizioni sono, semplicemente, stupide.
Una è cieca di fiducia, l’altra è cieca di paura.
In entrambi i casi, l’azienda smette di pensare in modo strategico: o si illude di non averne bisogno, o si convince di non poterselo permettere.
L’illusione strategica del successo
In un mercato che cresce e “spinge”, anche una strategia mediocre può sembrare brillante.
Quando la marea sale, tutte le barche galleggiano, anche quelle costruite male.
Un’azienda che cresce in un contesto favorevole tende a confondere fortuna con strategia.
Interpreta la crescita del mercato come prova della bontà delle proprie scelte, consolidando processi, metriche e incentivi nati in un ciclo che prima o poi finirà.
Quando la marea scende, però, si scopre chi stava semplicemente galleggiando, senza essersi mossa dal porto.
Il pericolo è l’illusione di aver ragione, non di sbagliare.
L’errore ti obbliga a correggere la rotta.
L’illusione ti spinge a rafforzare la direzione sbagliata.
E più sei bravo a eseguire, più velocemente ti allontani dal punto giusto.
Ripensare il campo di gioco
MAKE PROGRESS® non ti chiede di “innovare di più”.
Ti invita a rispondere a due domande che ogni leader d’impresa dovrebbe porsi.
Domanda 1
Stiamo ancora giocando nel campo più fertile? Hai dei numeri con te che lo confermano?
Domanda 2
Quale nuovo campo potremmo esplorare e quali abitudini dovremmo abbandonare per poterlo fare davvero?
Il progresso non è un atto di creatività, ma di lucidità: riconoscere che il terreno che ti ha nutrito potrebbe non essere più fertile.
Per questo MAKE PROGRESS® non è un metodo di pianificazione, ma un modo per imparare a cambiare campo prima che sia il mercato a costringerti a farlo.
Spostarsi su un nuovo campo senza cambiare comportamento è inutile.
Le riunioni fiume, i budget annuali rigidi, la tendenza a gestire le persone anziché i processi, sono queste le vere barriere al cambiamento.
Focus vs miopia
Non basta sapere cosa facciamo bene, bisogna riconoscere perché si smette di crescere.
Molte aziende rimangono intrappolate nel terreno che le ha fatte vincere, anche quando non produce più valore. Continuano a irrigarlo con le stesse metriche, gli stessi incentivi, gli stessi riti.
Quando, nel tentativo di “mettere a fuoco”, si guarda da vicino, per troppo tempo, solo al proprio business, (ai prodotti, ai processi, ai numeri) si perde la profondità di campo. Si diventa strategicamente miopi.
La miopia strategica si manifesta quando i leader vedono solo ciò che è vicino, familiare, controllabile.
È la tendenza a interpretare il futuro come una versione del passato (“sarà uguale, solo più grande”) oppure come qualcosa di totalmente alieno (“è un’altra partita, non ci riguarda”).
Entrambe le visioni sono scorciatoie cognitive che riducono la complessità invece di comprenderla.
In entrambi i casi, il risultato è lo stesso: l’organizzazione diventa cieca ai veri cambiamenti nel dove e come giocare. Si confonde la continuità operativa per stabilità strategica e smette di interrogarsi sulla logica di fondo che la fa vincere.
Il modo più efficace per spostare il focus è aggiornare gli incentivi
Ogni sistema di incentivi è una lente strategica: ti fa vedere solo ciò che premia.
Se incentivi l’efficienza, avrai più controllo.
Se incentivi l’esplorazione, avrai più apprendimento.
Ma attenzione: ottimizzare per l’efficienza non è lo stesso che ottimizzare per l’esplorazione.
L’efficienza migliora ciò che già funziona.
L’esplorazione, invece, accetta che molte cose non funzioneranno affatto.
Le organizzazioni non premiano solo l’efficienza operativa, ma anche quella cognitiva: preferiscono avere ragione in fretta piuttosto che imparare lentamente.
Quando un’organizzazione si ottimizza per l’esplorazione, il meccanismo degli incentivi cambia natura:
- Il successo non è nel risultato, ma nella scoperta.
- Il fallimento non è una perdita, ma un costo d’apprendimento.
- La velocità non misura quanto si produce, ma quanto si capisce in meno tempo.
E questo richiede una leadership capace di proteggere chi sperimenta, non solo di premiare chi performa di più.
Allineamento vs controllo
Se il focus individua il campo su cui vale ancora la pena giocare, l’allineamento assicura che tutto il sistema (incentivi, linguaggio, comportamenti) si muova nella stessa direzione.
Uno senza l’altro non serve a niente:
- Il focus senza allineamento è visione senza trazione.
- L’allineamento senza focus è efficienza senza senso.
Non basta aggiornare le metriche: serve ridefinire cosa significa fare un buon lavoro. Finché “un buon lavoro” equivale a “zero errori”, non ci sarà nessun progresso.
Quando invece “un buon lavoro” significa “abbiamo capito qualcosa che ieri ignoravamo”, l’esplorazione diventa parte integrante del gioco strategico.
Cosa portare in ufficio
- Habit lock-in: chiediti quali abitudini organizzative oggi generano risultati, ma domani potrebbero diventare vincoli. Ogni procedura che ottimizza l’efficienza va testata per capire se limita l’adattamento.
- Miopia strategica: non guardare solo ciò che è vicino. Dedica tempo a guardare fuori e lontano dal tuo business (clienti emergenti, modelli alternativi, segnali deboli). La distanza strategica è un muscolo da allenare.
- Illusione del successo: quando i numeri salgono, domandati se stai vincendo per merito o per contesto. Non confondere la forza del mercato con la bontà della strategia.
- Incentivi per l’esplorazione: misura il progresso in termini di apprendimento, non di output. Prepara indicatori che premiano esperimenti intelligenti, non solo performance prevedibili.
- Focus e Allineamento: scegli un campo di gioco fertile e assicurati che tutto il sistema (linguaggio, incentivi, comportamenti) si muova nella stessa direzione. Visione senza allineamento è teoria; allineamento senza visione è inerzia.
3 domande per riflettere
Il progresso non nasce dal migliorare ciò che già sappiamo fare,
ma dal mettere in discussione ciò che pensiamo di sapere.
Chiediti, e chiedi al tuo team:
- Quale parte del nostro modo di vincere oggi ci renderà incapaci di vincere domani?
- Che cosa stiamo premiando davvero: il risultato o la scoperta?
- Stiamo difendendo quello che sappiamo fare o stiamo imparando a creare una vera strategia?
ALWAYS MAKE PROGRESS ●↑
Antonio