№ 123

Finché noia non ci separi

7:15 di lettura ‣ Perché gli OKR funzionano così bene? ‣ Great resignation e quiet quitting ‣ 4 meccanismi per lavorare sempre nel “flusso”
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Hey, buon lunedì.
Che bello ritrovarti nella newsletter di STRTGY. 

Siamo appena entrati nell’ultimo 30% dell’anno. 
Forse quello più intenso.

Sicuramente lo sarà per me perché sto chiudendo l’editing del libro che nel mentre, proprio il giorno del mio compleanno ha raggiunto e superato la quota necessaria per il crowdblishing sul sito di Flacowski.

Devo confessare che avevo sottovalutato la complessità della faccenda e questo tuttavia non mi ha demoralizzato, tutt’altro. Ha messo in evidenza le mie inefficienze. Mi ha spinto a mettere in discussione, spesso riprogettandoli completamente, gran parte dei processi che avevo messo in piedi per gestire questo progetto.

Un lavoro nel lavoro che mi sta dando grande piacere. Anzi posso dire senza dubbio che il piacere di lavorarci è aumentato all’aumentare della difficoltà. 

In particolare ho sperimentato su me stesso che la motivazione è aumentata nel momento in cui ho messo in discussione gli OKR che mi ero auto-assegnato.

Adesso mi capita di perdere la percezione del tempo e mi ritrovo a passare 4 o 6 ore consecutive al computer senza sentire fatica. Per questo ho deciso di andare a fondo su questa cosa, fare reverse engineering di ciò che ha incrementato la motivazione per tre motivi: 

  • scrivere un libro più utile, 
  • permettere ai miei collaboratori di avere lo stesso piacere
  • e permettere anche a te di fare lo stesso.

Potrai dire “io c’ero”

Gli OKR più di un metodologia sono un movimento fatto di persone che vogliono dare un significato più profondo al lavoro e perché no alla vita in generale. Non so te, ma io gli OKR li uso anche nella vita privata, se ne parlava qui su LinkedIn↗

Alcuni miei clienti mi hanno confessato che è stato proprio grazie agli OKR che sono riusciti a crescere anche durante la pandemia. 

Un KR che ho visto comparire costantemente è la riduzione del turnover. Un risultato che si può ottenere solo lavorando sulla cultura aziendale.

Scrivere MAKE PROGRESS mi ha restituito il tempo di approfondire le motivazioni scientifiche dietro l’efficacia degli OKR. 

Mi sono chiesto come mai all’aumento della difficoltà nell’attività aumenta il piacere di continuare a dare il meglio di sé e di quali implicazioni ha tutto questo sul modo di lavorare.

Ma soprattutto, posso costruire un sistema che permetta by-design di far vivere questa sensazione di focus e progresso al maggior numero di persone possibili [in azienda] ?

Nel paragrafo di approfondimento voglio parlarti proprio di questo: di come costruire un’esperienza degna di essere vissuta e del perché non siamo noi a disinnamorarci del lavoro, ma il lavoro a non essere progettato per renderci migliori e più felici.

ALWAYS MAKE PROGRESS ⤴

Antonio


● OKR / Perché funzionano? La spiegazione scientifica

4 meccanismi per lavorare sempre nel “flusso”

Il progresso è la colla che tiene unite le persone. Infatti due amanti si lasciano quando l’oggi è uguale a ieri e non c’è nessuna speranza che il domani possa farli sentire una coppia che ha costruito qualcosa in più.

In ufficio è uguale. Quand’è che le persone maturano la decisione di cercare altre sfide? Quando quelle attuali non costituiscono più un’occasione per progredire. 

Tante organizzazioni hanno subito gli effetti visibili della great resignation e quelli più subdoli e insidiosi del quiet quitting, cioè di quel fenomeno – descritto dai tanti articoli in rete – che porta i dipendenti a dire chi-me-la-fa-fare e al limitarsi a lavorare il minimo necessario per mantenere il posto mentre si guardano attorno o semplicemente tirano fiato. Scritto così, sembra che sia solo colpa dei dipendenti annoiati che hanno preso la palla al balzo. 

Credo sia esattamente l’opposto. 

Il quiet quitting per come la vedo io è solo un modo di riprendersi l’equilibrio tra il lavoro e la vita privata, evitare il burnout, e investire il proprio tempo in qualcosa che ci renda vivi. Finalmente i dipendenti hanno capito come non essere vittime di dirigenti impreparati a gestire una nuova situazione, fisica ed emotiva.

Alcuni boss, invece di ringraziare i propri dipendenti per non aver abbandonato il posto di lavoro e di aver riacquisito autonomamente la motivazione necessaria, hanno semplicemente reagito invitando “caldamente” tutti a rientrare alla base – perché l’emergenza è finita – pensando così di sistemare tutto quanto, anche il deficit di performance. 

Ho la sensazione che si accorgeranno presto che coloro che accetteranno più facilmente il rientro non saranno i più forti ma quelli con meno opzioni che, spaventati dall’inflazione e dal caro bollette, troveranno più conveniente lasciare spento il riscaldamento di casa quando saranno in ufficio e i bambini saranno a scuola. Si raggiunge così il famoso equilibrio di Nash: quando si gioca con la burocrazia nessuno vince davvero.

Decenni di ricerca scientifica hanno portato a decodificare i meccanismi della motivazione. I leader che tengono al progresso del proprio team – e al benessere delle persone – li possono utilizzare eticamente al posto del bastone e della carota che non funziona. 

Diciamoci la verità. Diventiamo sempre più bravi a progettare prodotti più belli e intelligenti ma non dedichiamo abbastanza tempo a progettare il buon funzionamento delle nostre aziende. Ruoli fumosi, onboarding non strutturati, processi-minaccia, feedback assenti, aspettative e controllo.

Mettiamola così: per qualsiasi imprenditore e dirigente progettare un ambiente di lavoro dove le persone stanno bene è un’opportunità che sarebbe stupido non cogliere. 

L’impronunciabile Mihaly Csikszentmihalyi è il massimo esperto al mondo di quella sensazione chiamata “flusso”, ovvero quello stato mentale che sperimentiamo quando siamo immersi in un’attività così intensa da perdere la cognizione del tempo e di noi stessi.

Dai suoi studi – e da numerosi altri – emerge chiaramente che le persone più felici non sono quelle con una vita più semplice, meno preoccupazioni o più soldi – come potremmo pensare – ma quelle in grado di entrare più frequentemente nel flusso

Guarda caso queste persone sono anche le più produttive!

Possiamo quindi progettare un ambiente di lavoro basato su questi principi e che permetta alle persone di elevare la qualità della propria esperienza?

Si, a patto di costruire un sistema con questi quattro meccanismi:

1 / Obiettivi chiari e allineati con le proprie vocazioni
Gli obiettivi assegnati dall’alto non sono altrettanto motivanti come quelli scelti in autonomia. Più la strategia è compresa da tutti, maggiore sarà allineamento. Se non sei soddisfatto degli obiettivi proposti, non imporre, rispiega.

2 / Misurazione dei progressi costante
Controllare l’evoluzione dell’attività crea “dipendenza” e permette di mantenere la concentrazione più a lungo. Individua quelle metriche che si muovono abbastanza velocemente da creare momentum.

3 / Feedback frequenti
Lasciare le persone nel silenzio è un’ottima tattica per vederle andar via. Molti dirigenti fanno ghosting involontariamente e non danno la giusta importanza ai momenti uno-a-uno. Pre-programma gli appuntamenti nei quali imparare e offrire supporto a vicenda per correggere il corso delle attività.

4 / Attività incrementalmente più sfidanti in linea con la crescita delle competenze
Quando le cose sono facili, il cervello risparmia energia e le esegue in automatico – come guidare – e la noia prende il sopravvento in particolare se non si hanno obiettivi da raggiungere. Questo non vuol dire che bisogna fare sempre cose nuove, ma farle sempre meglio. Definisci cosa significa meglio.

Sono i principi fondanti degli OKR e costituiscono la ragione scientifica dietro l’efficacia della metodologia che ora possiamo spogliare dell’hype e prendere finalmente sul serio.

Cos’hanno in comune gli atleti che con l’allenamento superano i limiti del proprio corpo? Gli artisti che perfezionano la propria tecnica per raggiungere nuovi livelli di espressività? I professionisti che superano i livelli di successo precedenti?

Sono capaci di entrare – naturalmente – nel flusso. Significa che sono in grado di vivere una continua sensazione di scoperta che trasporta la persona in una nuova realtà dove è sempre possibile imparare, migliorarsi, spingersi verso nuovi livelli di performance. 

Si sfidano su attività che permettono loro di forzare la concentrazione delle proprie energie facendo leva sul potere trasformazionale dei propri obiettivi.

Chiedilo pure a chi ha scalato una montagna o a chi ha finito una maratona – o a chi ha partorito – quanto sono diverse le persone alla partenza dalle stesse al traguardo.

In azienda purtroppo, a causa del backlog infinito fatto di task tutti urgenti, delle priorità poco chiare, della gerarchia che rende chiara l’autorità e nebuloso il merito… ci si lascia guidare dall’inerzia. Non ci sono sfide ma progetti da “deliverare” che invece di trasformare le persone le consumano.

Gli OKR aiutano a costruire organizzazioni più “forti” dove le persone hanno accesso a esperienze che sono in linea con i propri obiettivi e la crescita a livello individuale è in sintonia con quelle dell’organizzazione. Un’organizzazione sana è quella che permette al maggior numero possibile di persone di sviluppare competenze sempre più complesse.

Non basta la sola scrittura dell’obiettivo e dei risultati chiave a ottenere questo risultato ma l’adozione di tutte le abitudini – 1:1, daily, weekly e monthly check-in, strategy refresh – che costituiscono il toolkit più completo – a disposizione dei leader più ambiziosi – per adottare gli OKR al massimo delle potenzialità.

Non perdere le prossime Note. Ogni lunedì alle 7:00. Gratis.

Strumenti e framework per sbloccare l’innovazione in azienda e applicare praticamente Design Thinking, Blue Ocean Strategy, JTBD e OKRs.  

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