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Quando analizzare la competizione non basta più

4:12 di lettura — L’arte di fare Pivot. La strategia che non vediamo. Analizzare la competizione non è sufficiente
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Hey, buon lunedì!

Recentemente Nokia ha deciso di affrontare un significativo rebrand. Probabilmente hai già avuto modo di leggere questa notizia, o se così non fosse ti lascio il link al progetto direttamente nel sito dell’agenzia che l’ha curato: Lippincott

Voglio cogliere questa occasione per parlarti di Nokia non come brand, ma come business.

L’azienda che poi è diventata Nokia è stata fondata nel sud della Finlandia nel 1865 come azienda produttrice di semilavorati di legno. Nel corso dei decenni si espanse in settori emergenti come la generazione di energia elettrica e la produzione di telefoni. 

Negli anni ’60, Nokia era un conglomerato che vendeva di tutto, dalla carta igienica ai pneumatici per auto. Ma alla fine degli anni ’80 aveva scorporato molte linee di business, tranne le attività di telecomunicazione. Nel 1998 Nokia è stato il più grande produttore di telefoni cellulari al mondo. Quello che tutti conosciamo.

Ci sono 3 cose che mi affascinano della storia non raccontata di Nokia.

1/ L’arte di fare Pivot

Questa storia – e tante altre che ho raccolto – dimostrano come sia del tutto naturale per qualsiasi azienda fare una grande quantità di scommesse e prepararsi a perderne la maggior parte per trovare la propria strada. 

Penso che il segreto dell’arte di perdere bene sia da cercare nei processi di cui queste organizzazioni si dotano, in particolare in una determinata categoria di processi assenti in molte aziende che conosco: quelli di smantellamento. Cosa intendo dire?

Alcune aggiungono con facilità progetti e iniziative alla lista delle cose da fare, ma non hanno processi per smettere di eseguire le cose che non funzionano e ridistribuire apprendimenti e risorse.

Nessuno può acquisire la capacità di non perdere le scommesse, ma si può sicuramente sviluppare l’abilità di limitare i danni. Per esempio Nokia ha ceduto i business nei quali la sua struttura operativa non era efficiente ad aziende specializzate e reinvestendo in linee più solide.  

2/ Vediamo sempre una parte dalla storia

Quando guardiamo la competizione ci formiamo un modello mentale della strategia dei concorrenti che molte volte è limitata se non sbagliata. Dipende molto dalla qualità delle informazioni che si riescono a raccogliere e a meno di non avere una rete di spionaggio industriale è difficile comprendere come un concorrente si stia muovendo fino al momento in cui le sue mosse non sono visibili nel mercato. E a quel punto forse è troppo tardi.

3/ Analizzare la competizione non è sufficiente

A meno che tu non abbia una scala di distribuzione o budget da investire in marketing incredibilmente maggiori rispetto ai tuoi concorrenti, le slide con il titolo “Analisi della competizione” fatte da società di consulenza che mettono insieme articoli trovati su Google non ti porteranno molto lontano.  

L’alternativa più efficace è invece quella di spostare il focus dalla competizione alle persone.

Riallineare l’organizzazione ai bisogni dei clienti ed eventualmente riuscire ad anticiparli.

È molto frequente che spesso la competizione non venga dalla stessa categoria di prodotti dalla quale si effettua l’analisi.

Un esempio divertente ma realistico che faccio sempre è quello di pensare a quanto è calata la domanda di masterizzatori da quando c’è Spotify.  Di certo non sono stati loro a distruggere questo segmento che credo si regga sulle spalle della sanità italiana altrimenti non riesco a spiegarmi come mai ti danno ancora un CD rom che non puoi leggere quando fai alcuni esami… 

Scherzi a parte, i servizi in cloud e la banda sempre più veloce hanno fatto sì che il comportamento delle persone cambiasse e rendesse ridicolo oltre che scomodo scambiarsi un supporto fisico piuttosto che avere un accesso a un servizio di streaming.

Cosa faresti se potessi sederti alle spalle di un tuo cliente e guardare come utilizza il tuo prodotto?

Avresti informazioni di prima mano che ti permetterebbero di capire con quali altri prodotti interagisce nella sua giornata e quali compiti cerca di svolgere. Scopriresti in quale sequenza di attività si intersecano le tue feature e sicuramente te ne verrebbero in mente altre per semplificargli la vita.

È esattamente quello che faremo se vorrai unirti alla coorte in partenza il 27 Marzo.

Riprendo dopo questa breve interruzione…


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Nel settore del software B2B questi tipo di processi sono pane e burro per i Product Manager. 

Per esempio nel segmento del business analytics molti prodotti si posizionano come un sostituto di Excel e modellano il loro marketing per far sembrare quel comportamento un po’ sfigatello e mettere in luce il proprio prodotto.
Patrick Campbell di ProfitWell ha fatto esattamente l’opposto. Quel comportamento, se pur inefficiente è complicatissimo da cambiare, anche e soprattutto per le questioni di distribuzione di cui sopra. Allora perché invece di essere anti-excel non rendiamo facile l’inserimento dei dati nei fogli di calcolo? Questo semplice insight gli ha permesso di fare una exit da $200M! Se vuoi approfondire questa storia ti consiglio di ascoltare la sua intervista su Lenny’s Podcast.

Giovedì 9 Marzo alle 12:00, ho deciso di replicare la live sul JTBD.

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