№ 218

The Exit Economy

11:40 di lettura — La noia aziendale è un'emorragia di talento e futuro. L'innovazione ignorata diventa il tuo prossimo, grande problema. Trasforma la strategia in un gioco che tutti vogliono vincere.
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Roma, ingresso privato – Antonio Civita, 2025

“La nostra industry non rispetta la tradizione, ma solo l’innovazione.”
— Satya Nadella, CEO di Microsoft

C’è una nuova droga in ufficio. Si chiama “vibe coding”.

Una scarica di dopamina a ogni riga di codice generata dall’AI. Il codice appare. I problemi svaniscono. La velocità è inebriante. Se l’hai provato, sai cosa significa.

Ma come ogni dipendenza, ha un costo nascosto.

Una tassa invisibile sulla tua capacità di restare concentrato. Sulle cose importanti.

Il progetto segreto

Quanti sono a casa, in questo momento, a chiedere all’AI di trasformare la loro visione in codice? In un prodotto?

Se sei il capo di te stesso, è un superpotere.

Ma se lavori per qualcun altro?

Quanti stanno costruendo il loro progetto personale durante l’orario di lavoro?

“Stanno rubando tempo all’azienda?”

La domanda è sbagliata. Se lo chiede solo chi si sta spaventando leggendo queste righe…

La domanda giusta è un’altra.

Questa energia, questa passione, questa creatività… dove la stiamo incanalando?

Se non sta andando verso il tuo progetto, verso la tua strategia, la colpa non è dell’AI, né di nessun altro strumento.

The Exit Economy

C’è un sistema che produce tradizione.

E un sistema che premia l’innovazione.

Satya Nadella dice che il nostro mondo rispetta solo il secondo.

L’energia creativa è come l’acqua. Cerca sempre una via d’uscita.

Se non le dai un fiume da percorrere, si scaverà un suo letto. O farà crollare la diga.

La tua azienda potrebbe essere una diga piena di crepe.

Ogni giorno, un ingegnere frustrato, un marketer annoiato, un designer incompreso usa gli strumenti che tu gli fornisci per costruire il suo futuro.

L’azienda paga lo stipendio, il software, la connessione.

Inconsapevolmente, diventa l’angel investor di una startup della quale non riceverà mai una singola azione.

Questa è la Exit Economy.

Un’economia sotterranea alimentata non dal capitale, ma dalla noia.

L’emorragia finanziaria

Il costo della noia non è un dipendente che guarda i meme su Tiktok o che cerca voli low cost su Skyscanner.

Il costo della noia è il talento che progetta la sua via d’uscita.

È un’emorragia silenziosa. Centinaia di miliardi persi ogni anno in produttività. Una montagna di soldi sprecati per ogni scrivania occupata da chi ha perso entusiasmo. Non è solo il tempo perso in riunioni inutili o in “busy work”, è il valore che non viene creato.

Secondo Gallup, il disengagement figlio della noia costa all’economia quasi 500 miliardi di dollari l’anno. In produttività che sfuma via1. Altri studi parlano di “bore-out”, la malattia del sottocarico cronico. Una tassa da 750 miliardi di dollari.2

La noia è contagiosa. Si diffonde come un virus, spegnendo la passione, minando il lavoro degli altri, trasformando un team motivato in un gruppo di persone che aspettano il venerdì.

Ma il costo più grande è strategico.

È il prezzo di un’azienda che smette di innovare e crescere.

Psicologia della separazione

Questa emorragia non è il problema. È il sintomo.

Nessuno sceglie di essere demotivato. È il cattivo management che spinge i migliori come una forza centrifuga, lontano dall’azienda, negando i bisogni umani fondamentali: scopo, sfida, autonomia.

Sommersi da bullshit job (letteralmente lavori del ca**o) come nel libro di David Graeber che ti consiglio. 

Report che nessuno leggerà. Riunioni superflue. È attività senza significato che consuma l’anima.

La monotonia è una gabbia. Anche i più talentuosi si annoiano quando il lavoro diventa routine, quando a mancare sono le nuove sfide.

Il lavoro senza scopo è solo un impiego sfibrante. Quando non vedi come il tuo contributo si collega a un obiettivo più grande, la motivazione crolla. È l’autostrada per il “quiet quitting”.

E poi, per i più creativi, c’è il colpo di grazia: un’idea ignorata non muore. Cerca solo una via d’uscita. 

L’imprenditorialità soffocata cerca da sola una fuga sulla corsia d’emergenza.

Metti tutto insieme e la dinamica è chiara. Le aziende, con la loro cattiva gestione del senso di progresso, creano un efficiente canale per le nuove idee di cui non godranno.

Investono milioni per formare le menti più brillanti. Poi le soffocano. E quando se ne vanno, portano con sé quella formazione sul campo, pagata da te.

È un “sussidio alla noia” che valemiliardi. Un regalo al venture capital che approfitterà del tuo finanziamento inconsapevole.

La fabbrica di rivali

Le aziende di tutto il mondo sono diventate le migliori “Founder Factories”. Incubatrici involontarie.

Inoltre la pandemia ha dimostrato che con un lavoro a tempo indeterminato puoi essere un freelance con lo stipendio sicuro.

Ho raccolto alcuni casi di studio divisi per categoria.

Categoria 1: visionari non compresi

Succede quando un’azienda non si limita a ignorare un’idea. La rifiuta. Attivamente. Guarda un suo dipendente negli occhi e dice “no”.

E poi lo guarda andarsene. E costruire un impero su quel rifiuto.

Caso di Studio: Zoom, Eric Yuan ex-Cisco

Eric Yuan non era un dipendente qualunque. Era il Vice Presidente della divisione collaboration di Cisco. Il responsabile di WebEx.

Ma ogni mattina si svegliava con un peso. “Non vedevo un solo cliente felice”, ha detto.

Yuan non vedeva un prodotto. Vedeva la frustrazione. Un’architettura vecchia, pensata per un mondo pre-mobile. Un’esperienza goffa, inaffidabile. Un prodotto che chiedeva scusa per esistere.

Lui vedeva il futuro. Un futuro cloud, mobile, semplice. Un futuro che “avrebbe reso le persone felici”.

Nel 2011, ha presentato questa visione a Cisco. Ricostruire tutto da zero.

La risposta? Un “no”. Per il management, il problema era “risolto”.

Non era possibile far pagare alle persone $9.99 per un software che le grandi aziende pagavano centinaia di migliaia di dollari. Come giustificarlo?

Ma Cisco non ha solo rifiutato un’idea. Ha perso di vista il futuro. Quando Yuan è uscito da quella porta, non era solo. Con lui c’erano 40 dei suoi migliori ingegneri. Un intero team capace di grandi cose.

Cisco non ha perso un VP. Ha perso la conoscenza, la passione, il talento che aveva impiegato anni a coltivare.

In pratica, ha finanziato la nascita del suo più grande concorrente.

Un altro esempio?

Guarda anche la storia di NeXT, Steve Jobs ex-Apple.

Categoria 2: perfezionisti dei prodotti e dei processi

A volte, la spinta a mollare chi ti paga lo stipendio non è un’epifania.

È un’intolleranza. Un’allergia all’inefficienza. Un Implacabile frustrazione per la scarsa qualità, per il “potrebbe essere migliore”.

È la noia che assale chi ha raggiunto la vetta e si accorge che l’unica cosa che gli viene chiesta è di tenere in ordine il campo base.

Questi founder non scappano da un fallimento ma da un successo che è diventata una gabbia.

Caso di Studio: Nest Labs, Tony Fadell ex-Apple

Tony Fadell non è stato licenziato. Non è stato ignorato. 

Era un eroe. Il “padre dell’iPod”. Aveva contribuito a creare uno degli oggetti più iconici del nostro tempo.

Ma dopo il trionfo, arriva il ruolo da responsabile delle migliorie incrementali, dei piccoli ritocchi.

“Non mi piace la modalità manutenzione”, ha detto. “Non è quello che mi fa alzare dal letto”. Puoi leggere la sua storia nel libro Build. Guida non ortodossa per avere successo.

Fadell era un uomo che vedeva l’inizio delle cose. E in Apple, molte cose erano già iniziate. Il suo lavoro non era più scegliere la prima montagna da scalare, ma lucidare i trofei.

Così ha iniziato a guardarsi intorno. A vedere un mondo pieno di oggetti essenziali, ma non amati. Oggetti che funzionavano, ma non ispiravano.

Come il termostato.

Ha lasciato Apple non per un fallimento, ma per la noia del successo. E ha fondato Nest Labs per portare il design e l’intelligenza in un oggetto che tutti davano per scontato.

Nessuno ha gli anticorpi per il virus della noia. Anche le aziende più innovative del mondo rischiano di perdere i loro talenti migliori se non offrono loro un rinnovato senso di progresso.

Un altro esempio?

Guarda anche la storia di Expedia, Rich Barton ex-Microsoft

Categoria 3: culturalmente disillusi

A volte, non è il prodotto a essere sbagliato. Non è il processo a essere rotto.

È la cultura.

Un disallineamento fondamentale con l’ambiente. Una sensazione di soffocamento, di burocrazia, di insoddisfazione.

Non te ne vai per un’idea. Te ne vai per ritrovare l’aria. Per tornare a divertirti.

Caso di Studio: Valve, Gabe Newell ex-Microsoft

Gabe Newell aveva passato 13 anni in Microsoft. Era un “Microsoft Millionaire”. Aveva contribuito a costruire le prime versioni di Windows.

Ma l’azienda era cambiata. Era diventata un posto “molto meno piacevole per creare prodotti”.

La scintilla arrivò da una ricerca di mercato. La scoperta? Il software più installato sui PC con Windows non era di Microsoft. Era un videogioco: Doom.

Lì, in quel dato, c’era un universo. Un’opportunità enorme nel campo dell’intrattenimento che la cultura aziendale di Microsoft, rigida e gerarchica, non era attrezzata per cogliere.

Newell non voleva solo un nuovo prodotto. Voleva un nuovo modo di lavorare. Voleva “il massimo del divertimento possibile”.

Così, nel 1996, se n’è andato. E ha fondato Valve su una filosofia che era una ribellione diretta a ciò che aveva lasciato. Il primo risultato? Un gioco chiamato Half-Life, che ha ridefinito il suo genere per sempre. 

Ricordo benissimo le notti d’estate passate con il computer overcloccato. Ci hai giocato anche tu?

Ma la vera innovazione non era nel software. Era nell’organigramma. O meglio, nella sua assenza.

Valve è diventata un esperimento radicale, un pioniere dell’utopia del self-management, precorrendo concetti come l’Holacracy. Niente gerarchie. Niente capi. Scrivanie con le ruote per formare team fluidi. 

Un solo grande sogno: dare a persone di talento la libertà di creare grandi giochi.

Certo, un’utopia può avere i suoi incubi. La pressione sociale sostituisce quella manageriale, e senza una guida formale, le idee possono faticare a trovare trazione.

Ma la sua non è stata una fuga per inseguire un’idea. È stata una fuga per inseguire una cultura. Una cultura, anche con le sue imperfezioni, dove le persone intelligenti e motivate potessero tornare a divertirsi creando cose che avrebbero entusiasmato milioni di persone.

Un altro esempio?

Guarda anche la storia di Instagram, Kevin Systrom ex-Google

Categoria 4: opportunisti del mercato

A volte, le idee migliori non nascono in un garage. Nascono in un ufficio dirigenziale.

Una posizione privilegiata che ti offre una vista perfetta sui punti ciechi del mercato.

Questi founder non se ne vanno perché vengono cacciati. Se ne vanno perché vedono qualcosa che il loro datore di lavoro non può vedere. O non vuole.

Usano la loro azienda come una torre di avvistamento per nuove opportunità. E poi costruiscono ciò che il mercato chiede in silenzio.

Caso di Studio: Auth0, Eugenio Pace ex-Microsoft

Eugenio Pace non lavorava semplicemente in Microsoft. Ha passato un decennio a costruire il suo cloud, Azure. Era nella sala macchine.

Da lì, ha visto un problema persistente, frustrante, universale per gli sviluppatori: la gestione dell’identità di accesso. Il login.

Un punto dolente di cui tutti i tecnici si lamentavano, ma che nessuno stava risolvendo con una soluzione elegante e scalabile.

Aveva quello che chiamava un “prurito imprenditoriale”. Un’ossessione. Così se n’è andato per costruire la soluzione da solo.

Qualcuno gli disse che non sarebbe stato lui a “decifrare il codice”. Questo non fece che alimentare la sua ossessione.

La sua profonda conoscenza, la sua competenza di dominio, non l’aveva imparata su un libro. Era stata forgiata all’interno di Microsoft.

L’azienda gli ha dato la mappa del tesoro. Ma è stato lui a decidere di andare a scavare.

Un altro esempio?

Guarda anche la storia di WhatsApp, Jan Koum e Brian Acton ex-Yahoo

Categoria 5: innovatori per caso

A volte, i prodotti migliori non sono il risultato di una strategia.

Nascono per caso. O meglio, per frustrazione.

Sono strumenti interni, creati per risolvere un problema immediato, per eliminare un ostacolo che rallenta il vero lavoro.

Poi, un giorno, ti accorgi che lo strumento che hai costruito per fare il lavoro è il lavoro. 

Il progetto secondario era, in realtà, il progetto principale.

Caso di Studio: Slack, Stewart Butterfield ex-Tiny Speck

Stewart Butterfield non voleva cambiare il modo in cui lavoriamo. Voleva costruire un videogioco. Si chiamava Glitch.

Ma mentre il suo team costruiva quel mondo fantastico, si scontrava con una realtà molto meno fantastica: comunicare con il team era un incubo. Le email erano troppo lente. Le altre opzioni, inadeguate.

Era come lavorare con un freno a mano sempre tirato.

Così, per risolvere il loro problema, costruirono il loro strumento. Una chat interna per rendere il lavoro sul gioco più efficiente.

Alla fine, il gioco fallì. Non trovò il suo pubblico. Mentre si preparavano a chiudere tutto, si resero conto di una cosa.

Lo strumento che avevano costruito per creare il gioco fallito era molto più innovativo e prezioso del gioco stesso.

Fecero un pivot. Abbandonarono il gioco e lanciarono sul mercato il loro tool interno.

Lo chiamarono Slack.

L’origine di Slack è la prova definitiva di come l’innovazione possa emergere direttamente dall’attrito del lavoro quotidiano. Non come obiettivo, ma come effetto collaterale non intenzionale di un altro scopo.

La prossima innovazione potrebbe nascere da un dipendente annoiato

Le aziende come la tua attraggono i migliori, li addestrano, li immergono in un ecosistema denso di intuizioni. Poi, la loro stessa struttura, la gerarchia, la burocrazia, l’avversione al rischio, li spinge fuori. 

Non è un’ipotesi. È un fatto. In Europa e Israele, gli ex dipendenti di 203 unicorni hanno fondato oltre 1.000 nuove startup.3 Più di 2.300 aziende nate da ex-Google hanno raccolto 98 miliardi di dollari.4 Quasi 600 aziende nate da ex-Apple valgono oltre 180 miliardi di dollari.5

Un’intera economia costruita sul talento che non ha trovato spazio.

Ingegnerizzare il progresso in azienda con MAKE PROGRESS®

La prossima idea da un miliardo di dollari è lì, dentro un file di Google Drive condiviso con una mail personale. Nascosta in un progetto che hai sottovalutato. Alimentata dalla frustrazione creata da una strategia noiosa.

La reazione istintiva potrebbe essere il controllo. Obbligare tutti a usare i timesheet per capire “cosa fanno le persone tutto il giorno…”

Una strategia noiosa è un lusso che non puoi permetterti

Scrivevo tempo fa che una strategia che non interessa a nessuno è solo un documento inutile. Nessuno si appassiona a un PowerPoint. Nessuno dedica la propria vita per un obiettivo scritto in “aziendalese”.

Una strategia noiosa non crea allineamento, crea obbedienza. 

Non genera impegno, genera conformismo. 

Non crea il progresso, crea solo il completamento di una task list. 

L’alternativa non è più controllo. È un sistema operativo progettato per creare focus e flow.

Un sistema ingegnerizzato in modo che il progresso sia inevitabile. 

La scelta è questa: o crei una strategia così chiara, avvincente e magnetica da diventare il problema più interessante da risolvere. Una strategia che offra autonomia, che renda visibile l’impatto di ciascuno, che trasformi il lavoro in un gioco avvincente.

Oppure, preparati a competere con l’azienda che stai finanziando senza saperlo.

ALWAYS MAKE PROGRESS ⤴
Antonio


PS: Una strategia noiosa è solo una tua scelta. Ma…se sei pronto a fare una scelta diversa, ho aperto alcuni spazi nel mio calendario per disegnare insieme la mappa. Trova il tuo qui.


  1. Losing staff due to dull, repetitive work? You are not alone. – We Are Amnet, accessed July 23, 2025, https://www.weareamnet.com/blog/losing-staff-due-to-dull-repetitive-work-you-are-not-alone/  ↩︎
  2. THE BOREDOM – Baker Stuart, accessed July 23, 2025, https://bakerstuart.com/wp-content/uploads/2019/07/The-Boredom-Boom-FINAL.pdf ↩︎
  3. Unicorn alumni founder factories | Dealroom.co, accessed July 23, 2025, https://dealroom.co/blog/founder-factories-fuelling-next-gen-startups ↩︎
  4. From Google to game changers: 9 startups founded by ex-Googlers that secured big funding in AI, accessed July 23, 2025, https://techfundingnews.com/ex-googlers-take-the-lead-startups-that-raised-funding-to-power-ai-boom/ ↩︎
  5. Ex-Apple staff are behind hundreds of top tech startups – AppleInsider, accessed July 23, 2025, https://appleinsider.com/articles/23/06/15/ex-apple-staff-are-behind-hundreds-of-top-tech-startups ↩︎

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