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№ 55

La competizione è un errore di progettazione

6:33 di lettura — Me Too → Me Better → Me Only → Me+You.
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Hey, buon lunedì!

Fattene una ragione: se non stanno lavorando con te, lo stanno facendo con un tuo competitor. Chi? Le persone: i tuoi prossimi clienti.

Il mercato esiste solo quando le persone decidono di spostare i loro soldi da una soluzione che non le soddisfa a una che promette di essere più efficace, più veloce, più economica.

Se ti invitassi a cena ci metteremmo d’accordo per scegliere un ristorante (non vedo l’ora di poter tornare a farlo con serenità) all’intersezione dei nostri gusti e, tra le varie opzioni disponibili, alla fine pagheremo il conto solo in uno di quelli proposti. Nel momento in cui abbiamo deciso, tutti i ristoranti sono stati in competizione tra di loro. Funziona così.

Se i proprietari dei ristoranti venissero a conoscenza della lista di opzioni che abbiamo valutato sicuramente non telefonerebbero al loro collega che ha vinto la nostra cena per congratularsi e scambiarsi le ricette. Farebbero di tutto per non incrociarsi mentre, molto più importante, dovrebbero far di tutto per non capitare nuovamente nella stessa lista di altre persone con gusti simili ai nostri (questa è Strategia).

Cosa potrebbe rendere quel ristorante l’unico posto sulla lista di due come noi?

Ovviamente la metafora del ristorante è volutamente esagerata ma ti assicuro che avviene sempre così. Capita per esempio che se perdi una gara (e io ne ho perse tantissime) la prima cosa che vuoi sapere è il nome degli altri partecipanti per metterli nella lista “competitors da evitare”.

Oggi devo ammettere che non mi succede più per due motivi: 1) non partecipo più alle gare perché penso che sia svantaggioso soprattutto per i clienti ordinare la medicina prima della diagnosi e 2) ho cambiato approccio e uno dei motivi per il quale ho deciso di creare STRTGY è quello di permettere a chi lo ritenesse utile, di fare altrettanto.

Siamo competitor, collaboriamo?

C’è un fenomeno che ultimamente ha attirato la mia attenzione. Non è nuovo ma l’ho visto manifestarsi sempre più frequentemente: si chiama Co-opetition.

In italiano suonerebbe come Co-opetizione, in antitesi alla Competizione, che significa letteralmente collaborare con i competitors per vincere entrambi. Sembra un controsenso? Non lo è.

Adam Brandenburger, che per la prima volta ha codificato questo particolare comportamento strategico in un libro chiamato appunto Co-Opetition, spiega che 

la ragione più semplice per la quale due competitors possono cooperare è quella di risparmiare costi e inutile fatica.

Quando ha senso la Co-opetition?

Ho individuato 3 casi ideali, tra i tanti possibili, che sono estremamente interessanti e pratici.

➀ Quando le risorse per avere un impatto sul cambiare le abitudini sui tuoi non consumatori sarebbero troppo alte. (Obiettivi: Market penetration, Market Development, Product Development, Diversificazione)

Questa strategia è molto utilizzata nelle IT dove è utile cooperare e integrare i propri prodotti con quelli dei competitor per accedere alle rispettive customer base.

Facilitare la Co-opetizione, dovrebbe essere anche il caso, a mio modesto parere, delle associazioni di categoria o di produttori, che dovrebbero offrire progettualità comune per stimolare la domanda dei prodotti dei propri associati. In alcuni casi lo fanno anche se le fiere sono un esempio un po’ troppo basico di Co-opetizione, anzi forse esattamente l’opposto.

Pensa a come vengono usati i tuoi soldi per l’iscrizione a ConfQualcosa e Consorzio del XYZ. 🙈🙊🙉

Con chi puoi allearti per raggiungere non-clienti con l’obiettivo di fargli cambiare comportamento di acquisto?

➁ Quando per rimanere il secondo devi collaborare con il numero uno.

È la storia di Samsung che è il primo fornitore di Apple per gli schermi OLED utilizzati nell’iPhone X. Se non fosse riuscita a stringere un accordo di fornitura Apple lo avrebbe chiesto a LG, che oggi fornisce gli schermi del Google Pixel, o a BOE (che non conoscevo) che oggi fornisce Huawei, rischiando così di perdere una quota consistente del suo fatturato

Qual è il competitor numero uno al quale puoi vendere i tuoi prodotti/servizi per aiutarlo a mantenere il primato ed evitare che lo faccia qualcun altro?

➂ Quando vuoi concentrarti e crescere. 

Se hai deciso di ridurre e semplificare la tua offerta per diventare il punto di riferimento in un particolare campo ma hai la sensazione di lasciare dei soldi sul tavolo da progetti che non sono più “core” e che sai benissimo che ti distrarrebbero. 

È importante creare relazioni virtuose con i competitor per controllare la “catena del valore” che il cliente attraversa.

In questo scenario vincete tutti e tre: tu, il tuo competitor, le persone.

La Coopetizione permette a tutti i competitors di unire le forze con una sola missione: rendere i clienti felici, perché se non lo fanno loro, qualcun altro lo farà.

Non è un gioco a Somma Zero, a meno che tu non l’abbia progettato così.

Molti imprenditori e leader pensano che il business sia un gioco a somma zero, cioè che quando qualcuno vince tutti gli altri perdono e l’ago della bilancia nel sistema non si sposta mai.

In alcuni casi ci sono attività progettate per essere a Somma Zero, come il numero di Notai e Farmacie nella zona o le licenze dei Taxi e delle Gondole…

Ma credo che se leggi questa newsletter la probabilità che tu ricada in una di queste categoria sia davvero bassa…

È più probabile invece che se soffri di questo pregiudizio è perché anche tu pensi che la tua offerta, rispetto a quella del competitor, non è affatto migliore, anzi è indifferenziata.

Stai comunicando a tutti che il tuo business è un Me too o Me better. È progettato senza nessuna differenziazione o con l’unica value proposition di essere soggettivamente migliori degli altri.

Ecco perché la competizione è un errore di progettazione.

Ci sono team di aziende come PIXII, te ne ho parlato in questa nota, che utilizzano (davvero) il Blue Ocean Strategy Framework per creare un prodotto imparagonabile con la sua categoria. Me only.

Oppure ci sono team che lavorano per creare business Me+You. Ed è qui che il gioco diventa interessante, perché utilizzando il JTBD, che non è un workshop nè un esercizio come purtroppo leggo ancora in giro, ma un modo di leggere la realtà, riescono a mappare le reali motivazioni di acquisto costruendo un modello dell’evoluzione del cliente molto preciso e a rappresentare correttamente la competizione che, attenzione, potrebbe non venire direttamente dalla stessa industria.

Si lo so, può sembrare complicato, ma non lo è. Nel Design STRTGY for Business Innovation Program dedichiamo al JTBD 2 sessioni intere per affrontare praticamente, e matematicamente, questo potente framework. È il modulo più impegnativo, ma secondo la voce di chi ha partecipanto, quello con maggiore impatto nel proprio business.

Riccardo Breccia Cambò Designer e Host di Caffè Design

👋🏻

Buon lavoro!
Fatti sentire.

—Antonio

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